Dott.ssa
Carla Merola D’Elia
Psicologa
Psicoterapeuta
Dott.ssa Carla Merola D’Elia
Psicologa Psicoterapeuta

Separazione coniugale: come fare quando la coppia è in crisi

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Indice

Dal “finchè morte non ci separi” al “finchè divorzio non ci separi”

Fino a qualche decennio fa il matrimonio era un’istituzione senza scadenza mentre i cambiamenti sociali hanno portato il matrimonio ad essere un’istituzione in crisi.
Dal 1975 a oggi i matrimoni falliti sono triplicati.
Secondo i dati Istat (2016) la durata media di un matrimonio è di circa 17 anni, in media i mariti hanno 48 anni e le donne 45 anni.
Un numero di divorzi in costante crescita dalla Legge sul Divorzio breve (Legge 6 maggio 2015, n. 55) nel 2015 se ne registrarono 82.469 (+ 57% del 2014) nel 2018 se ne registrarono 88.458.

L’amore fragile ed effimero della società contemporanea

Il sociologo Bauman parla della società contemporanea come di una società liquida, l’opposto di qualcosa di duraturo, l’essere inclini al nuovo, al cambiamento in una modalità “usa e getta”, questa modalità sembra adattarsi anche alle interazioni interpersonali, in cui si assiste alla sempre più crescente separazione tra desiderio e amore, ovvero, il desiderio di emozioni spinge spesso alla ricerca di nuovi partner, alla ricerca di un’emozione forte quanto spesso fugace, soprattutto là dove la coppia non riesce ad affrontare le difficoltà che si incontrano nel viaggio insieme.

Sono molti i cambiamenti che una coppia si ritrova ad affrontare, dai cambiamenti personali ai cambiamenti condivisi: nascita dei figli e condivisione di un sistema educativo, malattie, cambi o perdita del lavoro, morte/malattie dei propri genitori, difficoltà economiche.
Questi cambiamenti richiedono un confronto con l’altro, un mettersi in gioco, un accogliere la diversità dell’altro, un venire a patti nel trovare nuovi equilibri.

Entrare nel silenzio sperando che le difficoltà poi passino è ciò che spesso accompagna la coppia al declino.
Molte persone che incontro nella loro sofferenza di una crisi di coppia, si rendono conto di quanto abbiano rimandato troppo a lungo i problemi, cercando di tenere duro per il bene della coppia e spesso anche dei figli ma nel mentre che il tempo passa, ci si allontana silenziosamente dall’altro: ci si allontana emotivamente, fisicamente e sessualmente, talmente tanto da divenire un punto di non ritorno.

Ed in questo silenzio si assiste alla pietrificazione dei sentimenti che conducono all’innalzamento di muri invalicabili.
Ed in questo silenzio si assiste alla fine di un “noi”: della progettualità di coppia, dell’intimità emotiva, e della passione (le tre componenti del “triangolo dell’amore” di Stenberg).
Ed in questo silenzio si assiste alla scissione tra il desiderio e l’amore che spesso accompagna verso nuove braccia, in cui riprovare a sentirsi nuovamente vivi, ciò che quel silenzio assopisce gradualmente.

Ciò che ribadisco spesso è che l’amante non rappresenta in sé la causa della fine coniugale ma semplicemente è espressione del malessere così a lungo soffocato o rimandato o poco curato tra i coniugi.

In altri termini: la liquidità contemporanea diviene il vestitino indossato per risolvere le difficoltà insolute nella coppia, quando la coppia non riesce a trovare il bandolo della matassa, la voglia di nuovo che echeggia nella società sembra essere “la soluzione” ad una stabilità di coppia che, nel silenzio, diviene gradualmente vissuta come una prigionia, una limitazione di quell’ “Io” che oggi sembra pesare più del “noi”.

Stai vivendo una crisi coniugale? Come la psicoterapia può aiutarti?

La psicoterapia permette di generare una riflessione:

  • su quanto sta accadendo;
  • sulla natura comunicativa;
  • su quei miei tratti individuali presenti da sempre, anche nelle relazioni precedenti che influiscono nella coppia;
  • sull’origine delle incomprensioni;
  • sui cambiamenti avvenuti;
  • sulle scelte compiute e quelle da compiere;
  • sui propri errori nella coppia;
  • sui propri bisogni e come esprimerli affinchè non fungano da motivo di rottura;
  • sui bisogni altrui, perché nel “noi” c’è la propria individualità con le proprie differenze;
  • sulle aspettative troppo elevate: spesso il partner viene visto come colui che deve appagare i nostri bisogni più profondi di comprensione, di protezione, di empatia, di amore sempre e comunque e preferibilmente senza tentennamenti, ne consegue un’amara delusione che alla lunga può minare il rapporto;
  • sul sistema di credenze che mantengono attivo una problematica “se cambiasse x, y e z allora non avremmo problemi”.

Il compito della psicoterapia non sarà necessariamente di salvaguardare la coppia ma di confrontarsi con sé e con l’altro senza agire di fretta, per capire se la dimensione del desiderio, che spesso spinge fuori, si può vivere all’interno della coppia, all’interno di un legame stabile per poter coniugare stabilità e cambiamento in un rapporto fatto di continuità, intimità e progettualità.

La fine di un matrimonio: il processo emotivo

Quando si giunge a dirsi addio, a dire addio a quel “noi”, a quel “me dentro te” e a quel “te dentro me”, si viene centrifugati in un turbinio di emozioni di dolore, tristezza, rabbia, confusione, colpa, frustrazione, depressione, ansia e risentimento, anche per chi non ama più ed ha preso la decisione.
Lasciarsi genera quasi sempre un senso di sconfitta interiore, un senso di fallimento per non aver saputo affrontare le difficoltà, un senso di smarrimento personale.
Tutto ciò che era, ora non è, e questo rappresenta una vera e propria perdita fisica, emotiva e psicologica.

Si arriva a sentirsi svuotati, senza energie fisiche e mentali ma questo è normale, come potrebbe non esserlo, in fondo si è persa la persona che si pensava avrebbe camminato per sempre al proprio fianco e poi viene meno tutta la quotidianità fatta di sguardi, di gesti, di abitudini, di affetti, di interessi condivisi, di amici comuni e di relazioni familiari estese.

Chi viene lasciato spesso non si sente abbastanza, la sofferenza si genera perché ci si sente rifiutati e spesso ci si mette in discussione cercando di capire dove si può aver sbagliato, che, se può essere costruttivo e funzionale prenderne consapevolezza in un’ottica di problem solving, farlo invece in ottica di ruminazione, diviene una forma di pensiero circolare e depressivo, sortendo una sorta di paralisi emotiva “cosa non va in me?” che depriva di ogni energia e non orienta la persona.

Chi lascia comunque non si sente generalmente più leggero, sviluppa un malessere antecedente al partner che lo porta poi nel tempo a prendere la decisione. Nella persona si sviluppano sensi di responsabilità e di colpa, nonché un senso di fallimento personale per non aver fatto abbastanza, per essersi arreso, per aver ceduto, per non averci creduto più, per non provare più ciò che provava prima.

Ognuno dei due partner affronta un proprio lutto personale ed il superamento necessita di tempo e pazienza, tanto più la separazione è stata subita.
Il superamento del lutto porterà gradualmente all’elaborazioni delle emozioni per avviarsi gradualmente verso una nuova progettualità futura, verso nuove decisioni, verso un nuovo senso di sé che si fa carico della propria esistenza contando solo su se stesso e sulle proprie capacità.

Restare una coppia genitoriale

In presenza di figli anche dopo la separazione rimangono i doveri di una coppia genitoriale che nella difficoltà di una crisi personale e matrimoniale deve garantire amore e protezione ai propri figli.
Si può cessare di essere una coppia ma non si cessa mai di essere una coppia genitoriale.

I primi momenti seguenti la separazione saranno i più difficili da coordinare ma sarà fondamentale mantenere quell’armonia di intenti per supportare la crescita e l’educazione armonica dei figli.

I figli non dovranno essere strumentalizzati per ripicche contro l’ex partner, né dovranno essere utilizzati come messaggeri, né dovranno essere messi in condizione di parteggiare/difendere un genitore rispetto all’altro.
Attenzione!
Nessun genitore, generalmente, penserà consapevolmente di fare ciò ma purtroppo avviene molto più spesso di quanto si pensi e questo anche perché si innescano dinamiche relazionali distruttive e irrazionali.

Domandatevi sempre:
“Ciò che sto per dire/fare è utile a mio figlio?
Lo faccio/dico per il suo bene o per me, per un mio bisogno sottostante?”

In un periodo di grande travolgimento emotivo anche la sofferenza di vostro figlio è molto profonda e così può capitare che sia difficile accettare e riconoscere il disagio emotivo del proprio figlio anche per i grandi sensi di colpa che spesso ingenerano in un genitore.
Prendetevi cura della vostra sofferenza e prendetevi cura della sofferenza di vostro figlio.

I bambini spesso sono dilaniati dai sensi di colpa in quanto molto spesso si credono la causa della separazione dei genitori, soprattutto quando non viene fornita loro una spiegazione e non viene lasciato spazio ad un dialogo.
Sarà compito del genitore fargli capire che non è lui il responsabile della loro separazione e rassicurarlo che mamma e papà continueranno a volergli bene e ad esserci sempre.

Inoltre, molto spesso, i bambini si trovano a dover alleviare la sofferenza di un genitore, si prendono carico del genitore e ancor più spesso di quanto si pensi ci si ritrova inconsapevolmente in uno scambio di ruoli: il figlio si prende cura del genitore e della sua fragilità facendo il bambino bravo, buono e bello, supporta così il genitore non dandogli altra sofferenza ma così facendo non si permette di vivere il proprio dolore da figlio, rinuncia a se stesso, diviene un bambino adultizzato, spesso rancoroso nei confronti del genitore supportato, in età adulta.

Conoscere queste dinamiche invisibili permette ai genitori di prendersi cura della loro sofferenza in modo appropriato, in uno spazio adeguato, senza dover ricorrere a colmare i loro vuoti, le loro sofferenze e le loro fragilità attraverso la relazione con il proprio figlio.

In tale quadro, per il benessere del bambino e per le eventuali ripercussioni nel suo futuro che possono compromettere l’investire in una relazione stabile, dovuta dalla percezione di un fallimento della relazione genitoriale, sarà indispensabile mantenere un dialogo genitoriale sempre aperto, sereno e collaborante.

Per il bene del proprio figlio sarà importante trovare quanto prima una linea educativa continuativa riscontrabile dal bambino con entrambi i genitori, superare le conflittualità, salvaguardare sempre l’immagine dell’altro genitore agli occhi del bambino per garantire una crescita armoniosa.

Nell’eventualità quanto esposto non si riesca a garantire al proprio figlio, potrà essere utile valutare la possibilità di farsi accompagnare in una psicoterapia individuale e/o accompagnare il proprio figlio in questo difficile momento offrendogli la possibilità di intraprendere una psicoterapia dell’età evolutiva per avere un posto in cui poter elaborare il suo mondo emotivo.

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