Dott.ssa
Carla Merola D’Elia
Psicologa
Psicoterapeuta
Dott.ssa Carla Merola D’Elia
Psicologa Psicoterapeuta

I disturbi dell’evacuazione: Enuresi ed Encopresi

I disturbi dell’evacuazione: Enuresi ed Encopresi

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I disturbi dell’evacuazione sono disturbi dell’età evolutiva che emergono in un’età in cui il bambino avrebbe già dovuto acquisire la capacità di controllo sfinterico.

I disturbi dell’evacuazione si distinguono in “enuresi” in cui vi è un rilascio di urina e in “encopresi” in cui vi è un rilascio di feci, generalmente ciò avviene in maniera involontaria ed in luoghi inappropriati.

Tali eventi non devono dipendere da patologia organica, né dall’assunzione di sostanze o medicinali e si ripercuotono negativamente sul funzionamento personale, sociale e scolastico.

Entrambi i disturbi possono avere una forma primaria quando il bambino non ha mai raggiunto il controllo dell’evacuazione ed una forma secondaria quando il bambino inizia a presentare una mancanza di controllo dell’evacuazione, dopo averlo precedentemente raggiunto per tre-sei mesi.

L’enuresi

L’enuresi è uno dei disturbi dell’evacuazione più comune, consiste in un involontario (e più raramente volontaria) rilascio di urine bagnando i vestiti e/o il letto, può essere fatta diagnosi in bambini di età non inferiore ai 5 anni.

Per parlare di enuresi, la perdita di urine deve avvenire per un periodo di almeno tre mesi con una frequenza di almeno due volte a settimana.

Si parla di “enuresi primaria” quando il bambino non ha mai raggiunto il controllo della minzione.

Si parla di “enuresi secondaria” se il bambino ha mostrato periodi di continenza.

Si parla di “enuresi notturna” quando il bambino bagna il letto ed il pigiama e ciò può manifestarsi in maniera continua, se si presenta ogni notte, o saltuaria se ci sono episodi di risveglio asciutti.

Si parla di “enuresi diurna” quando i bambini urinano durante la giornata e in qualsiasi luogo in cui essi si trovano.

Si parla di “enuresi mista” quando si presentano entrambe le forme.

E’ un problema frequente che si verifica tra il 5-10% dei bambini tra 5-10 anni, il 3-5% tra 10-15 anni e circa l’1% dopo i 15 anni.

L’encopresi

L’encopresi è l’involontaria, ma a volte anche intenzionale, evacuazione di feci in luoghi inadeguati, con frequenza variabile di una volta al mese per almeno tre mesi consecutivi. E’ possibile effettuare la diagnosi in bambini dai 4 anni, età in cui dovrebbe essere acquisito il controllo sfinterico. L’encopresi è un problema piuttosto frequente tra i bambini dai 4 ai 13 anni. In Europa ne soffrono circa l’1,5 % dei bambini di 7 anni.

Come l’enuresi, anche l’encopresi può essere notturna (ma è più infrequente) o diurna e primaria o secondaria.

Nella maggior parte dei casi l’encopresi è di tipo ritentiva, ovvero le feci vengono trattenute volontariamente fino ad un limite massimo di sopportazione, la conseguenza più comune è il “megacolon psicogeno”, ovvero le feci si accumulano nella parte terminale dell’intestino, lo dilata in maniera cronica, al punto che il bambino fatica ad avvertire lo stimolo. Quando il bambino avverte lo stimolo di defecare, decide di non assecondare i movimenti peristaltici intestinali e così la massa fecale si accumula nel retto. L’accumulo di feci nell’intestino possono causare appetito e umore mediocri, causati dalla comparsa di dolori addominali, fino a giungere all’insudiciamento degli abiti con conseguenti vissuti di vergogna e imbarazzo.

L’encopresi si manifesta:

con costipazione e incontinenza da sovrariempimento: all’esame obiettivo addominale o rettale risulta la presenza di una grossa massa fecale o un’anamnesi di frequenza di defecazione inferiore a tre volte alla settimana. Le feci sono generalmente poco formate e la fuoriuscita può variare da poco frequente a continua, per lo più durante il giorno.

senza costipazione e incontinenza da sovrariempimento: all’esame obiettivo o all’anamnesi le feci risultano solitamente di consistenza normale e il soggetto si sporca in modo intermittente. Questa condizione è generalmente associata con la presenza di Disturbo Oppositivo Provocatorio o Disturbo della Condotta.

Le cause dei disturbi dell’evacuazione

Le cause dei disturbi dell’evacuazione sono multifattoriali ed entrano in gioco fattori biologici, ambientali e psicologici.

Nei casi di disturbo di evacuazione secondaria, la perdita di controllo è spesso consequenziale a cambiamenti “traumatici” nella vita del bambino, come la nascita di un fratellino, un trasferimento, l’inserimento a scuola, la separazione dei genitori, la morte di una persona cara, un periodo prolungato di ospedalizzazione o un ambiente familiare poco sereno. Altri fattori sono: volontà di non interrompere l’attività in atto; fattori legati alla dieta, ambienti stressanti (poco puliti, inadeguati e senza privacy).

Questi disturbi possono influire negativamente con uno sviluppo armonioso del bambino, pertanto è fondamentale intervenire per prevenire l’insorgenza di disagio secondario al disturbo.

Trattamento dei disturbi dell’evacuazione

Il trattamento cognitivo-comportamentale, che si è visto essere il più efficace, prevede sessioni di lavoro sia con il bambino, sia con i genitori e serve a prevenire la cronicizzazione del disturbo.

Il disagio psicologico conseguente ai disturbi di evacuazione riguarda soprattutto le limitazioni dei momenti sociali del bambino che tenderà a ritirarsi e isolarsi. Si verifica in genere un forte senso di vergogna, soprattutto se accompagnato da un vissuto di derisione e il rifiuto a partecipare ad attività che comportano l’uscita dall’ambiente familiare e il pernotto fuori casa.

Il percorso terapeutico varia da bambino a bambino e soprattutto è costruito su misura del bambino partendo dalle caratteristiche individuali e considerando il contesto ambientale in cui vive.

La buona riuscita dell’intervento è supportata dalla percezione del problema, ma anche dalla necessaria motivazione da parte dei genitori, oltre che da quella del bambino che desidera non avere più questo problema, soprattutto quando iniziano ad incrementarsi le attività di socializzazione.

Complice nella riuscita del trattamento sarà l’accoglienza, la tolleranza e la comprensione delle difficoltà e dei disagi provati dal proprio figlio. Confortarlo e sostenerlo senza ricorrere a misure drastiche e punitive che possono aggravare il disturbo e lo stato psico-fisico aiuterà la risoluzione del disturbo.

Il terapeuta quindi, aiuterà i genitori a capire e modificare i comportamenti che mantengono il problema e aiuterà il bambino a riacquistare la sua autostima e a sentirsi sicuro di sé, a gestire le emozioni e a migliorare le sue abilità sociali intaccate dall’isolamento causato dal disturbo dell’evacuazione.

Ritieni che il tuo bambino possa essere affetto dal disturbo di enuresi e/o encopresi?

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