Dott.ssa
Carla Merola D’Elia
Psicologa
Psicoterapeuta
Dott.ssa Carla Merola D’Elia
Psicologa Psicoterapeuta

Disturbo d’ansia

Disturbo d’ansia

disturbo ansia infanzia

Ciascuna persona sperimenta periodicamente paura ed ansia, sono emozioni che accompagnano da sempre l’uomo nella sua evoluzione.

La paura è una risposta emozionale, fisica e comportamentale alla percezione di una reale minaccia esterna.

L’ansia è uno stato emotivo stressante e si può presentare anche in assenza di una chiara minaccia esterna.

Un certo grado di ansia è adattivo, in quanto aiuta a prepararsi ad affrontare una possibile situazione difficile, mentre quando si presenta in modo persistente ed intensa diventa disadattiva, in quanto interferisce con la prestazione e può associarsi ad eventi neutri che non sono realmente pericolosi.

I sintomi ansiosi possono essere suddivisi in:

Sintomi fisici dell’ansia, sono costituiti da tachicardia, palpitazioni, ipersudorazione, dispnea, vertigini, sintomi gastrointestinali, insonnia con difficoltà ad addormentarsi e risvegli frequenti, tremori, cefalea tensiva.

Sintomi psicologici dell’ansia, si presentano con forte apprensione non commisurata all’evento reale, emergono pensieri negativi, irrealistici e catastrofici, paura di perdere il controllo, nervosismo, alterazione della memoria e della concentrazione, rimuginio e preoccupazione, insicurezza e timore, ridotte abilità di problem solving.

Nei bambini, i disturbi d’ansia si manifestano anche sotto forma di irritabilità, aggressività e manifestazioni psicosomatiche.

I disturbi d’ansia nei bambini sono tra le condizioni più comuni di sofferenza nei bambini e negli adulti. Ogni disturbo d’ansia ha un suo corollario specifico di sintomi tuttavia condividono una caratteristica comune: una preoccupazione prolungata ed intensa, sproporzionata rispetto alla situazione attuale e che influenza la vita quotidiana e la felicità della persona che la prova.

I disturbi d’ansia classificati:

Il disturbo di ansia da separazione: il bambino che ne è affetto prova ansia e paura riguardo la separazione dalle figure d’attaccamento ad un livello di gravità inappropriato rispetto allo stadio di sviluppo. Spesso il disturbo si sviluppa in seguito ad un evento stressante quale la morte di un genitore, di un animale domestico, dopo la malattia di un familiare, un episodio di ospedalizzazione, un cambio di scuola, di residenza o a seguito di una separazione/divorzio.

Sono presenti pensieri ansiosi come “E se succedesse qualcosa di brutto a mamma o a papà?”, “E se mi perdessi?”, “E se la nonna non mi venisse a prendere a scuola?”, “E se mi rapissero?”.

Sono presenti sintomi fisici come mal di pancia, vertigini, battito cardiaco accelerato, respiro corto e sudorazione.

Il comportamento tipico è caratterizzato da pianti, aggrapparsi ai genitori, scatti di rabbia quando anticipano o nel momento in cui avviene la separazione. Difficoltà ad addormentarsi da soli, frequenti incubi di separazione o morte di persone care. Inoltre potrebbero rifiutarsi di dormire in camera da soli, stare a scuola o partecipare alle attività scolastiche senza che una persona di cui si fidano stia al loro fianco, stare a casa con la baby sitter.

Il Mutismo selettivo designa la mancanza di contatto verbale, in assenza di danni a carico dell’abilità di linguaggio. Dalla più recente classificazione diagnostica (DSM-5; APA, 2013) il disturbo riguarda l’incapacità di parlare solo in situazioni specifiche (es. scuola) o con determinate persone, appartiene allo spettro dei disturbi d’ansia per accertare la presenza di una patologia, i criteri diagnostici richiedono, però, che l’assenza selettiva della parola persista per almeno un mese (APA, 2013)

La fobia specifica: Le fobie sono paure “intense e circoscritte” che hanno un’elevata specificità per una determinata fase dello sviluppo. Sono costituite da una paura specifica ed intensa di un oggetto, di un animale, di una situazione, di un evento sociale o di uno naturale.

Sono persistenti, sproporzionate e irrazionali e rispetto alle comuni paure, la reazione emotiva è più intensa e il confronto con l’oggetto/situazione causa malessere significativo. Tale malessere è così invalidante da spingere il bambino ad evitare attivamente tutte le situazioni che potenzialmente lo porterebbero a contatto con lo stimolo fobico.

Generalmente, nei bambini piccoli, paure eccessive sono comuni quanto transitorie e causano una compromissione moderata, pertanto sono considerate parte integrante dello sviluppo e appropriate in relazione ai vari stadi, mentre quando il livello di compromissione, la durata della paura, dell’ansia e dell’evitamento, risultano eccessivi o inappropriati allora è possibile considerare la presenza di un disturbo. Nei bambini la paura o l’ansia possono essere espresse attraverso il pianto, scoppi di collera, immobilizzazione (freezing) o aggrappamento (clinging).

L’ età media d’esordio è tra i 7 e gli 11 anni.

Le paure cambiano in base all’età, ma sostanzialmente possiamo dividerle in tre principali categorie:

  • paura di eventi esterni, di persone o di animali (es. buio, ladri, visite mediche, cani, insetti ecc.)
  • paura di creature immaginarie (diavolo, mostri, fantasmi)
  • paura delle proprie inadeguatezze (paura di sbagliare, di non riuscire, di fare brutta figura).

Disturbo d’ansia sociale: bambini e adolescenti con disturbo d’ansia sociale sono eccessivamente preoccupati di poter fare qualcosa d’imbarazzante o umiliante e che per questo gli altri penseranno male di loro.

Sono così preoccupati di poter essere giudicati negativamente dagli altri che evitano di fare o dire qualsiasi cosa possa loro causare un’umiliazione. I giovani con disturbo d’ansia sociale sono spesso preoccupati di fornire un’immagine negativa di sé. Hanno paura di parlare o agire in modo stupido, di essere respinti dai coetanei o di compiere errori davanti agli altri. Il disturbo d’ansia sociale è spesso identificato intorno ai 12 anni, momento in cui i ragazzi dovrebbero aumentare le loro attività sociali. In età evolutiva il disturbo d’ansia sociale si manifesta con i seguenti sintomi:

  • Paura o mancanza d’interesse nel provare cose nuove.
  • Paura di parlare con persone sconosciute.
  • Estremo disagio quando si è al centro dell’attenzione.
  • Evitamento del contatto visivo.
  • Difficoltà nel parlare in pubblico o di fronte alla classe.
  • Difficoltà nel fare nuove amicizie.
  • Auto esclusione sociale.
  • Preoccupazioni relative a possibili valutazioni negative (anche quando non è in corso di valutazione).
  • Mal di stomaco.
  • Eccessiva sudorazione.

Il panico: L’attacco di panico si caratterizza per la manifestazione di brevi episodi di ansia acuta (circa 10 minuti) che possono arrivare ad assumere le caratteristiche di un vero e proprio stato di terrore; durante l’attacco di panico l’individuo può temere di morire, perdere il controllo, avere un infarto oppure svenire.  I bambini più piccoli, a differenza degli adolescenti e degli adulti, nel corso dell’attacco di panico manifestano sintomi perlopiù fisici (dolori addominali, cefalea, tremori, sensazione di soffocare, “crisi respiratorie” etc.) oppure agitazione o rabbia incontrollata. il bambino che soffre di attacchi di panico può apparire perennemente preoccupato per il timore che l’attacco di panico possa ripresentarsi (la paura della paura), ricerca continuamente la rassicurazione dei genitore,  può apparire inibito, poco incline a fare le normali esperienze che fanno i  coetanei,  nei casi estremi può rifiutarsi di andare a scuola manifestando disagi fisici ( mal di pancia, cefalee, nausea etc.) o preoccupazione vaghe ( come  il timore che possa succedere qualcosa di brutto a se stesso o ai genitori), in alcuni casi può addirittura  rifiutarsi di uscire di casa.

Ansia generalizzato (DAG): si manifesta con preoccupazioni eccessive e incontrollabili rispetto a una grande quantità di eventi o attività quotidiane. Si sviluppa all’incirca all’età di 12 anni e a differenza delle normali preoccupazioni, o paure vissute durante l’infanzia, il disturbo persiste per almeno sei mesi e causa una compromissione del funzionamento in ambito sociale, scolastico e familiare. Le preoccupazioni più frequenti nei bambini e adolescenti riguardano le prestazioni scolastiche presenti e future, prestazioni sportive, relazioni sociali, aggressioni fisiche e disastri naturali. A volte i bambini con disturbo d’ansia generalizzata non sono nemmeno disposti a provare nuove attività se non possiedono la certezza di esserne all’altezza o ancora sono portati ad abbandonarle in corso d’opera se ritengono che le loro prestazioni non siano adeguate.

I ragazzi con questo disturbo sono spesso descritti come “piccoli adulti”, data la loro propensione ad angosciarsi per questioni non adatte alla loro età (ad esempio, il bilancio familiare, lo stato di salute della nonna o del fratellino). Le loro preoccupazioni si associano molte volte alla tendenza al perfezionismo e a una stretta aderenza alle regole. Per cercare di alleviare le loro ansie sono spinti a ricercare costantemente rassicurazioni o assumono atteggiamenti controllanti sugli altri. Altra caratteristica è l’intolleranza dell’incertezza. Questo vuol dire che i bambini e i ragazzi vulnerabili all’ansia non riescono a tollerare l’incertezza e l’impossibilità di controllare tutte le possibili conseguenze degli eventi futuri, e cercano quindi di prevedere ogni possibile scenario ponendo una moltitudine di domande all’adulto.

Diagnosi di ansia

Molti disturbi d’ansia si sviluppano in età infantile e tendono a persistere qualora non s’intervenga, per questo è fondamentale una diagnosi precoce che possa impedire un decorso peggiorativo del disturbo e una qualità di vita inferiore.

La diagnosi di uno specifico disturbo di ansia si basa sulla sintomatologia caratteristica riportata nei colloqui anamnestici. Un’anamnesi familiare è d’aiuto nel formulare la diagnosi poiché vi è una predisposizione ereditaria a manifestare gli stati ansiosi, tuttavia, è possibile acquisirli nel contesto familiare attraverso il comportamento appreso.

E’ possibile diagnosticare un disturbo d’ansia solo quando si è accertato che i sintomi di ansia non sono attribuibili agli effetti di una sostanza o farmaco o ad un’altra condizione medica, oppure non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale.

Per fare diagnosi devono essere riferiti sentimenti pervasivi di preoccupazione o ansia con evidenti sintomi fisici, difficili da controllare e che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno sei mesi. La suddetta condizione interferisce in molti aspetti della vita: nelle relazioni, nella vita familiare e nel contesto scolastico/lavorativo.

Trattamento del disturbo d’ansia

Per evitare che in età adulta si instaurino patologie psicologiche e psichiatriche più importanti, è fondamentale riconoscere e trattare precocemente il disturbo d’ansia insorto in età evolutiva. Il progetto terapeutico cambia in base al disturbo e a come si presenta, in quanto, ognuno esprime le sue preoccupazioni in modo diverso, in base all’età e alle caratteristiche di sviluppo ed è inscindibile dal conivolgimento della famiglia e laddove necessario anche della scuola per conoscere come si manifesta e come viene vissuta e gestita la problematica all’interno dei contesti di vita.

Nella terapia cognitivo-comportamentale dei disturbi d’ansia lo scopo generale è di aiutare il soggetto a raggiungere maggiore consapevolezza del problema presentato, per poi arrivare a sviluppare maggiori abilità e di conseguenza un miglior adattamento personale e sociale.

In particolare nella relazione terapeutica si impara a:

  • riconoscere il legame tra situazioni – pensieri – emozioni e comportamento;
  • monitorare e identificare i pensieri ansiosi che mantengono attivo il problema;
  • utilizzare l’esposizione graduale alle situazioni temute con la conseguente riduzione delle condotte di evitamento;
  • osservare le distorsioni cognitive (errori interpretativi delle situazioni reali) tipiche del pensiero ansioso;
  • sconfermare quanto ritenuto veritiero sulla base delle esperienze in itinere;
  • identificare e mettere in discussione le conseguenze dell’evento temuto;
  • prendere familiarità con la capacità di generare pensieri alternativi e funzionali basati su una valutazione realistica dell’evento ansiogeno;
  • valorizzare gli elementi di resilienza;
  • usare tecniche di rilassamento (in particolare esercizi mindfulness).

Quindi il lavoro terapeutico ha lo scopo di facilitare e stimolare il cambiamento dei comportamenti disadattivi che contribuiscono a mantenere il problema ed il disagio emotivo associato, come i comportamenti legati all’evitamento della situazione temuta.

In ogni caso, va considerata l’utilità di un coinvolgimento attivo dei genitori attraverso un percorso di parent training, in cui si imparerà ad avvalersi di strumenti e strategie più idonee per una corretta interazione con i figli. Qualora necessario si considera il coinvolgimento delle insegnanti in un percorso di teacher training.

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