Mindful eating
Mindful eating
Tutti in tavola!
Viaggio nell’alimentazione consapevole per una relazione più sana con il cibo.
Un rapporto sano con il cibo durante l’infanzia può portare a decisioni alimentari più sane nell’adolescenza e nell’età adulta.
Allo stesso modo un rapporto problematico con il cibo può portare a disturbi alimentari o a una relazione distorta con il cibo in seguito.
Una sana relazione con il cibo è il fondamento di abitudini salutari che durano una vita!
Molti bambini, invece, hanno un cattivo rapporto con il cibo per difetto o per eccesso oppure sono selettivi con i cibi e scelgono solo pochissimi alimenti come parte integrante della propria alimentazione così come non mangiano cibi di un determinato colore. A questo si aggiungono spesso abitudini malsane: spuntini senza orari, arraffando merendine e snack senza principi nutritivi adeguati, spesso davanti a tv o computer, in una vita sedentaria (soprattutto fino all’ingresso della scuola primaria).
Come possiamo aiutare i nostri figli ad avere una relazione sana con il cibo?
Regalando loro delle fondamenta sulle quali poter edificare un nuovo modo di stare con il cibo e con se stessi.
Per cambiare il rapporto con il cibo, quindi, non bisogna fermarsi solo a cosa e quanto mangiare ma bisogna porre valore anche al COME mangiare.
La Mindful Eating ci aiuta a mangiare consapevolmente, ponendo l’accento anche sul COME mangiare.
Cos’è la mindful eating?
La mindful eating ci regala una nuova consapevolezza della nostra fame, un nuovo modo di stare a tavola: si mangia portando l’attenzione al qui ed ora, ovvero all’esperienza del mangiare e del bere, disinserendo così quel pilota automatico che troppo spesso ci fa arrivare alla fine di un pasto senza rendercene conto e soprattutto senza aver provato soddisfazione perché troppo impegnati a pensare, spesso anche inconsapevolmente, per esempio, a cosa dobbiamo fare dopo o cosa avremmo potuto dire/fare, quindi, sempre troppo impegnati in un pensiero futuro o in un pensiero passato.
Ci si può ritrovare a vagare con la mente ovunque e così ci si può perdere l’esperienza del mangiare che è l’unica che si sta realmente facendo.
Questo può portare a mangiare anche più del dovuto perché troppo distratti dal sentire il proprio senso di pienezza e si può continuare a mangiare per trovare quella soddisfazione che appaghi il proprio umore, perchè magari ci si sente in ansia, stanchi, frustrati, preoccupati, tristi, soli o arrabbiati ed il cibo diventa la coccola riparatrice.
Spesso si è veloci e voraci nel mangiare, non ci si regala il giusto tempo nel vivere un’esperienza serena e nel sentire il senso di sazietà che avviene dopo circa 20 minuti dall’inizio del pasto.
Quindi:
1.
Prestiamo attenzione al chiacchiericcio della nostra mente che si distrae da ciò che stiamo mangiando e bevendo e proviamo a riportare l’attenzione al mangiare così da poter assaporare, trarne piacere e capire quando siamo sazi e poter decidere di smettere se sentiamo la pienezza del nostro stomaco.
2.
La mindful eating, come si può incominciare ad intravedere, ci regala un nuovo modo di stare con noi mentre siamo con il cibo: ci permette di prendere consapevolezza di noi stessi mentre mangiamo, in quanto, ci insegna a praticare l’ascolto delle nostre sensazioni fisiche, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni che emergono nell’esatto momento in cui ci nutriamo.
Ho veramente fame?
Dove sento la fame?
Chi ha fame dentro di me?
Sono sazio?
Questi indicatori ci permettono di divenire consapevoli della nostra reale fame.
Quando la disconnessione dai segnali fisiologici di fame e sazietà diventa consistente, si mangia più di quanto in realtà il nostro corpo ne abbia bisogno, con conseguenze come il sovrappeso o l’obesità ed i relativi problemi cardiovascolari.
Si nasce mangiatori consapevoli. Come si diventa mangiatori inconsapevoli?
Fino ai tre anni i bambini posseggono ciò che potremmo definire un “nutrizionista interiore”: i lattanti riescono a sapere quando e quanto mangiare; dallo svezzamento mangiano fino a quando sentono fame ma questo “appetitometro” si perde quando verso i 3 anni subentra “la teoria della mente altrui” e così “se mangio tutto mamma è contenta” (desiderio di compiacere).
I bambini, quindi, vengono gradualmente esposti ai condizionamenti sociali e smettono di ascoltare il loro “nutrizionista interiore” ed imparano ad adeguare il proprio comportamento alimentare non più sul loro principio di sazietà ma sulla base delle convinzioni che regolano l’educazione alimentare familiare, questo può creare conflitti con il cibo.
I condizionamenti familiari più tipici sono: “se vuoi andare a giocare, finisci tutta la carne”, “ci sono tanti bambini che muoiono di fame”; farsi vedere tristi o delusi se non finisce tutto; punire il bambino perché non finisce il pasto; usare il cibo come premio, vietare alcuni cibi e vivere un senso di scarsità.
A questi condizionamenti si aggiungono altre regole alimentari che portano a perdere quella consapevolezza nel mangiare, come: mangiare con la tv o il tablet, non permettere al bambino di esplorare il cibo con le mani e rimproverarlo quando si sporca.
In età adulta il “nutrizionista interiore” viene ignorato da molti e così ci si ritrova a mangiare anche se si è già sazi perché ci si sente ansiosi, tristi, annoiati o soli; perché “è un peccato sprecare il cibo”; perché l’orologio dice che è ora di mangiare; perché “sembra scortese non finire” o perché tutti mangiano e “se poi finisce?”.
La mindful eating può insegnare agli adulti a ritornare dei mangiatori consapevoli e può aiutare il bambino a mantenere il proprio “nutrizionista interiore”, libero dai condizionamenti, così da mettersi in ascolto dei propri segnali interni (sensazioni fisiche di fame e sazietà; emozioni e pensieri) esplorando nuovi cibi e cibi consueti con tutti e 5 i sensi.
Alcuni consigli per praticare la mindful eating con i bambini
- Diventate consapevoli delle vostre scelte alimentari: puntate l’accento sulle qualità nutritive dei cibi. Servite cibi sani. Acquistate/servite pochissimi cibi industriali.
- Giocate al “detective alimentare” (lo trovate nel paragrafo delle “esperienze pratiche di mindful eating”).
- Incoraggiate i bambini ad aiutarvi in cucina.
- Fate in modo che i pasti siano momenti in cui si dialoga in famiglia in maniera rilassata e positiva.
- Divertitevi a tavola. Trovate qualche notizia buffa o cogliete l’occasione per raccontarvi aneddoti divertenti o barzellette.
- Parlate del cibo che state mangiando. Ad esempio potete chiedere: “Come sono fatti gli spaghetti? Crescono sugli alberi? Dove crescono i meloni? Sotto terra?
- Fate l’orto insieme. Coltivare i propri pomodorini/ fragole/ lattuga può essere divertente oltre a poter creare momenti di collaborazione e condivisione emotiva tra genitori-figli. In più i bambini sono molto più propensi a provare un cibo nuovo se l’hanno coltivato loro.
- Se la vostra famiglia è piena di impegni e attività, cercate di fare almeno tre pasti in famiglia a settimana, senza distrazioni – senza cellulari nè televisione. Le ricerche dimostrano che tre pasti in famiglia a settimana portano grandi benefici ai bambini: migliore rendita scolastica, maggiore resilienza e autostima, minor rischio di depressione, obesità e disturbi alimentari.
- Non date giudizi sulle abitudini alimentari dei bambini, sulla loro forma fisica o sul loro peso per esempio “mangi come un maialino” o “non mangiare troppa pasta che poi ingrassi”. Non confrontateli con eventuali fratelli per il modo di mangiare o per la corporatura, per esempio “guarda come mangia tuo fratello, vedi che poi non ingrassa?”. Non fateli partecipi delle vostre lotte con la bilancia o dell’ultima dieta che state seguendo. Commenti del genere possono portare problemi di non facile soluzione in età adulta.
- Non usate il cibo come ricompensa o punizione e non forzate a finire tutto ciò che c’è nel piatto.
La tavola familiare: l’esperienza di COME mangiare
La tavola familiare è un luogo dove i genitori con il loro esempio educano e aiutano i bambini a sviluppare una relazione sana con il cibo. Il come mangiamo e ciò che mangiamo noi genitori, diventerà il come mangeranno e ciò che mangeranno i nostri figli. Noi genitori abbiamo il compito di essere presenti e non solo come figure autorevoli ma come guide amorevoli che educano attraverso l’esempio.
Siamo noi che insegniamo ai bambini quali cibi preferire: è interessante infatti notare che ai bambini dell’India piace il curry piccante mentre ai bambini thailandesi i grilli e i bachi da seta fritti.
Ancor prima insegniamo ai bambini quali cibi preferire: il liquido amniotico ha il sapore dei cibi mangiati dalla madre. Immaginate un bebè che galleggia in un liquido amniotico che sa di aglio per nove mesi, quando nascerà, adorerà l’aglio…per lui avrà il sapore di “casa”. Personalmente ho mangiato cipolline sottaceto per 9 mesi di gravidanza e mia figlia si è scoperta essere una divoratrice di cipolline sottaceto.
I genitori hanno quindi il potere di plasmare i gusti dei figli e alcune ricerche hanno dimostrato come ci possono volere fino a 8 tentativi per far sì che un bambino accetti un nuovo cibo. Quindi armiamoci di santa pazienza.
La tavola familiare è un luogo in cui il cibo non è solo nutrimento ma un veicolo di amore, comprensione, valori e legami che uniscono generazioni.
I ricordi delle mani nella farina con i nonni o con i genitori sono fili invisibili del proprio patrimonio culturale e familiare,
Ogni famiglia ha le proprie tradizioni, le proprie ricette tramandate di generazione in generazione e questo diventa la propria storia: insegnare ad un bambino a preparare un piatto speciale di famiglia significa aprire una finestra verso chi è venuto prima di lui.
La tavola familiare, in un mondo frenetico, è spesso l’unica occasione in cui ci si trova tutti insieme e diventa così un luogo prezioso di dialogo, ascolto e condivisione, in cui incontrarsi occhi negli occhi, spegnendo tv, tablet e telefonini; dove si può parlare del cibo, della giornata, dei sogni e delle emozioni. È un luogo in cui ogni membro può sentirsi accolto e capito, dove le divergenze sono affrontate con rispetto e le diversità sono celebrate come una ricchezza.
Questo dialogo incoraggia l’empatia e la comprensione: si impara a rispettare le opinioni altrui, a condividere ed ascoltare.
La tavola familiare è un luogo che va vissuto in modo piacevole, dove ridere e scherzare senza stress.
Non concentratevi su ciò che il bambino non mangia ma festeggiate ciò che mangia. Lasciamo che ogni pasto diventi un’avventura, un viaggio di sapori, colori e texture. Offriamo loro il piacere dell’esplorazione, ponendo maggiore enfasi sulla gioia della scoperta che sulla quantità consumata. Quando vostro figlio rifiuta un cibo è perché potrebbe non essere ancora pronto, provate a rispettare il suo ritmo, ricordando che il palato si sviluppa e cambia, accompagnateli con pazienza ad essere dei mangiatori esploratori, cercando di non desistere nel presentargli un ampio ventaglio di alimenti. Giungere a presentargli, per disperazione, solo ciò che mangia con piacere, li indirizza involontariamente verso un’alimentazione selettiva.
Il cibo può diventare un campo di battaglia quando ci sono tensioni sottostanti.
A volte le lotte alimentari non riguardano il cibo ma il controllo, l’attenzione o le emozioni non espresse. È fondamentale quindi, saper riconoscere e interpretare i segnali che i bimbi ci inviano: per esempio, un rifiuto di un piatto, potrebbe non essere solo una questione di gusti, ma potrebbe nascondere un disagio più profondo. È importante imparare a leggere tra le righe e fare attenzione non solo a ciò che mangiano ma anche al come e al perché. Dietro un rifiuto od un eccesso si potrebbe nascondere un mondo di emozioni a dirigere l’esperienza del pasto.
Il momento del pasto può essere vissuto come un’occasione per rafforzare il legame familiare, non per creare tensioni.
Provate a creare la vostra tavola arricchita dalle vostre unicità e dalla bellezza della vita condivisa!!!
“Chi ha fame dentro di me?”
Impariamo a questo punto a mangiare in modo consapevole.
Esistono 9 tipologie di fame, una volta imparato a decifrarle, prima di iniziare a mangiare possiamo fare una rapida valutazione in una scala da 0 a 10 per capire quanta è la fame di ognuna di loro
2 tipologie di fame che possono essere soddisfatte solo mangiando e bevendo:
LA FAME DELLO STOMACO
quando vi dite “ho fame” domandatevi se è realmente lo stomaco a volere cibo. Come fa il vostro stomaco a segnalarvi che ha fame? Quali sono i vostri segnali di fame? Sintonizziamoci con lo stomaco e valutiamo per qualche istante quanto sia pieno, vuoto o mezzo vuoto.
Quando siamo a metà del nostro piatto, fermiamoci un momento e rivalutiamo nuovamente la fame dello stomaco così da comprendere se stiamo mangiando per reale fame o per condizionamenti culturali “è un peccato lasciare il cibo” o magari perché in realtà stiamo vivendo il cibo come consolatorio di un’emozione scomoda dentro di noi, di cui siamo oltretutto spesso inconsapevoli (stress, noia, ansia…).
Ci sono 2 situazioni che possono mandare in confusione il comprendere i segnali di fame dello stomaco:
- Il reflusso gastroesofageo ci può far scambiare il bruciore per fame continuando a mangiare per cercare di alleviarlo;
- L’ansia che si manifesta come brontolio o morso allo stomaco: in realtà questo è un segnale di disagio che lo stomaco invia e che noi scambiamo per fame per cui mangiamo o sgranocchiamo; a quel punto si affaccerà anche il nostro senso di colpa e la vergogna che andrà ad accrescere l’iniziale disagio emotivo con cui abbiamo iniziato a mangiare.
Come si può spezzare questa catena?
Imparando a valutare tutti i tipi di fame con cui possiamo mangiare, così facendo saremo almeno consapevoli del perché stiamo mangiando e potremo decidere cosa e quanto mangiare e soprattutto come mangiarlo: mangiare con lentezza, masticando numerose volte e senza distrazioni tecnologiche ci regalerà la possibilità di assumere meno cibo e nutrirci di minori sensi di colpa consequenziali.
Cosa soddisfa la fame dello stomaco? La giusta quantità e tipologia nutritiva di cibo. Lo stomaco non ha papille gustative per cui un cibo da 3 stelle Michelin altro non è che un bolo: allo stomaco interessa il volume e sarebbe salutare mangiare lasciando sempre uno spazietto vuoto.
LA FAME DELLE CELLULE
da piccoli eravamo ben sintonizzati con il nostro corpo riuscendo a comprendere quando avevamo fame e quando smettere.
Come ritornare in sintonia con il nostro corpo?
- Imparando innanzitutto a riconoscere i sintomi della fame cellulare: mal di testa, capogiri, irritabilità, perdita improvvisa di energia;
- Domandandoci prima del pasto, a metà e alla fine, sono affamato di cosa? Liquido o solido? Sale? Proteine? Frutta? Verdura? Dolce?
A volte ciò che scambiamo per fame in realtà è sete delle cellule, quindi, prima di iniziare a mangiare possiamo provare a bere dell’acqua, una spremuta o una bevanda calda e vedere se cambia la percezione della fame.
A volte ci arrivano dal corpo delle richieste chiare: banana! Il nostro corpo ha bisogno di potassio; Pesce! Il nostro corpo ha bisogno di omega 3…
Cosa soddisfa quindi la fame cellulare?
Sono gli elementi essenziali come sale, acqua, proteine, grassi, carboidrati, minerali, vitamine e oligominerali come ferro e zinco.
Il corpo ci parla con la sua saggezza dicendo cosa gli serve, il nostro compito è di imparare ad ascoltarlo e capire di quali nutrienti necessita.
7 tipologie di fame che possono essere soddisfatti in modi alternativi al cibo:
LA FAME DEGLI OCCHI
Gli occhi possono farci venire fame anche solo vedendo delle foto o leggendo delle ricette e ovviamente vedendo esposto del bel cibo ben accomodato.
Cosa soddisfa la fame degli occhi?
La bellezza!
Magari al ristorante siamo ultra sazi ma la bellezza di quel dolce ci fa dire di si. Esserne consapevoli ci dà la possibilità di fermarci o mangiarne in minore quantità.
Riscopriamo la bellezza guardandoci in giro: una giornata di sole, dei bellissimi fiori, un prato verde, una tavola ben apparecchiata, gli occhi del mio compagno di vita. Ogni cosa può diventare bella se guardata con attenzione perché la connessione che si creerà nutrirà il cuore.
LA FAME DEL TATTO
Molti popoli hanno la cultura di mangiare con le mani e l’esperienza del cibo diventa ancor più soddisfacente. Ma il tatto non si trova solo nelle mani, lo troviamo anche nella lingua e nelle labbra e quando ci permettiamo di sentire il cibo incrementiamo il piacere dell’esperienza di mangiare. Provate a mangiare un pasto intero con le mani può essere divertente farlo anche con i propri figli.
Una pubblicità recitava “se non ti lecchi le dita godi solo a metà”.
Cosa soddisfa la fame del tatto?
Il toccare e l’essere toccati.
Gli esseri umani crescono sani e forti se vengono toccati, la privazione porta alla “fame della pelle”. I massaggi riducono il livello di cortisolo, l’ormone dello stress e aumentano gli ormoni del buon umore quali dopamina, serotonina e ossitocina.
Un tocco gentile nutre la fame del cuore, pensate a quanto nutre un abbraccio in cui ci si perde.
LA FAME DELLE ORECCHIE
È la fame evocata dall’ascolto.
Quante volte ci ritroviamo ad ascoltare la descrizione di un piatto e ad avere l’acquolina in bocca.
Parte del piacere che proviamo quando si mangia deriva dall’udito: pensate al suono “crick-crock” delle patatine o dei pop corn appena fatti o al “crock” delle sfoglie di cioccolato, o la croccantezza del pane o di un grissino sotto i denti. Provate a preparare un pasto in silenzio rimanendo in ascolto della musica creata dal cibo, così da vivere il momento presente senza essere persi in pensieri del passato o del futuro, come troppo spesso accade.
Cosa soddisfa la fame delle orecchie?
Ognuno di noi può domandarselo e scoprire quali sono quei suoni che predilige e che nutrono il cuore: l’infrangersi delle onde, il fruscio delle foglie, un genere di musica. Cercate quei suoni che riescono a far cambiare umore positivamente.
LA FAME DEL NASO
È la fame soddisfatta dai mille profumi… il profumo di una panetteria a prima mattina… e che dire della pizza, di una lasagna in forno, di una torta sfornata che avvolge tutta la casa. Il profumo della torta rustica di mia nonna che vive ancora dentro di me. Il profumo della domenica in cui si cominciava presto a cucinare.
I profumi risvegliano desideri ma anche ricordi di una memoria antica dove il cibo incontrava l’affetto.
Ma pensate a quanto ci nutrono anche altri profumi come l’odore inconfondibile dei neonati o del nostro compagno, delle candele profumate, del bucato appena fatto o dell’erba bagnata, provate a stilare il vostro elenco.
Tenete presente quindi di quanto la fame del naso contribuisca alla voglia di cibo: quando non percepiamo l’odore perché siamo raffreddati mangiamo solo per introdurre carburante in corpo ma perdendo il piacere dei sapori. Diventate consapevoli di quanto il profumo vi induce a mangiare anche senza un reale stimolo della fame.
LA FAME DELLA BOCCA
È la fame delle sensazioni, del piacere e del desiderio. La fame della bocca è sempre alla ricerca di nuovi gusti e sensazioni.
Il primo boccone è l’esplosione del sapore, il secondo è delizioso e poi man mano a scemare, per ovviare a ciò possiamo fermarci un istante bere un sorso di acqua e riprendere con più gusto.
Quando la bocca si sente deprivata della varietà di sapori e consistenze continuerà a bramare cibo, basti pensare al senso di insoddisfazione che ne deriva da una pietanza scondita rispetto ad una che è un’esplosione di sapori e consistenze.
Per soddisfare questa fame di sensazioni ed essere appagati dall’esperienza del mangiare dobbiamo invitare la mente, dobbiamo portare l’attenzione a ciò che stiamo mangiando, alla festa che c’è in bocca e provare con qualche boccone a masticarlo almeno 15-20 volte mentre sentiamo il gusto, la consistenza, il suono.
Vivere questa esperienza con tali accorgimenti senza parlare, guardare la tv o il telefonino significherà non aver bisogno di bis e tris e sentirsi appagati.
LA FAME DEL CUORE
Quante volte mangiamo con le emozioni spiacevoli?
Spesso si mangia per riempire un buco, un vuoto del cuore ma non dello stomaco. Ci si trova così a mangiare perché è finita una relazione, perché è stata una giornata dura al lavoro o perché ci sentiamo soli, tristi o annoiati.
Il cibo diventa una coccola che ci facciamo più spesso di quanto pensiamo ma seguita da macigni di colpa e vergogna subito dopo aver mangiato.
Notate quale stato d’animo avete prima di provare l’impulso di mangiare: siete arrabbiati? Tristi? Frustrati? Confusi? Insicuri? Stressati? Annoiati?
Domandiamoci “non è che magari sto mangiando per scacciare via le emozioni spiacevoli che sto provando?
Rullo di tamburi…. Nessun cibo potrà mai soddisfare la fame del cuore, quintalate di cibo non ci faranno sentire mai soddisfatti e appagati, il cibo non è la risposta che cerca il cuore.
Per soddisfare la fame del cuore dobbiamo imparare come nutrire il nostro cuore. Cosa soddisfa la fame del cuore?
L’intimità. In primis l’intimità con se stessi, imparando a conoscere i nostri pensieri, desideri, emozioni, valori e più ci conosciamo più siamo in connessione con noi stessi e così il nostro cuore ha la possibilità di nutrirsi e sentirsi meno solo. Mangiare consapevolmente significa mangiare in intimità con se stessi e questo appaga il cuore.
LA FAME DELLA MENTE
Ci sono molte voci nella nostra testa e anche molto contrastanti “ho davvero tanta fame, vorrei una fetta di torta”, ma un’altra voce dice “la fetta di torta fa ingrassare! Meglio un frutto”, ma un’altra voce ancora dice “hai bisogno di zuccheri, non hai più forze” e un’altra ancora “da oggi basta dolci, ti fanno male, ti fanno ingrassare devi vivere senza”.
Chaos omnia imperat!!!
Imparare a conoscere tutte queste voci significa prendercene cura con quell’amorevole premura con cui un genitore si prende cura del proprio piccolo, questo non significa autorizzarsi a mangiare un’intera torta ma vuol dire imparare ad ascoltare la voce dello stress che ci chiede disperatamente una piccola pausa dallo studio o dal lavoro invece che soffocare lo stress con altro cibo.
Quando impariamo ad ascoltarci, possiamo distinguere soprattutto tre voci che si impadroniscono di noi e di quando ci troviamo a scegliere se dobbiamo o non dobbiamo mangiare:
- Il perfezionista interiore: è quella voce che si occupa di cercare quegli esempi a cui aspirare per essere perfetti, per esempio se aspiriamo ad essere compassionevoli ci offrirà il Dalai Lama o Madre Teresa di Calcutta; se aspiriamo ad essere magri ci offrirà modelle o attrici. Al perfezionista interiore non importa come o a quale prezzo raggiungerai la perfezione, ciò che conta è raggiungerla.
- L’istigatore interiore: conosce il modello a cui aspira il perfezionista e sulla base di ciò ci dice cosa dobbiamo fare per diventare come il nostro modello. L’istigatore ama fare liste per farci completare tutti i doveri della giornata e ci ricorda costantemente di questa lista.
- Il critico interiore: il suo lavoro è criticare, non sarà mai soddisfatto perché come esseri umani saremo sempre imperfetti. Vive di paragoni. Quando sentiamo dentro di noi le parole “dovresti” e “non dovresti” è lui a parlare “dovresti bere più acqua”, “dovresti essere più magra”, “non dovresti mangiare la carne, diventa vegano”.
Con queste tre voci nella testa è un miracolo se riusciamo a fare qualsiasi tipo di progresso nella vita.
MA, queste voci quando non diventano nevrotiche o crudeli, ci danno informazioni utili: senza il perfezionista non potremmo aspirare a modelli positivi; senza l’istigatore vivremmo in panciolle sul divano e senza il critico interiore non vedremmo le nostre lacune e non ci spingeremmo a migliorarci. Nella nostra mente ci saranno sempre voci ma con la mindfulness diventeranno un brusio che riusciremo a zittire più velocemente.
Queste 9 tipologie di fame spesso ci portano a mangiare troppo ma solo quando non siamo consapevoli di esse e di come fare a soddisfarle.
Ascoltare le informazioni che provengono da questi differenti tipi di fame permette di prendere una decisione saggia e consapevole su quando e quanto mangiare, se mangiare, così da vivere ogni pasto come un’esperienza che rende soddisfatti, mangiando la quantità giusta e godendo l’esplosione dei cinque sensi.
La tavola familiare: l’esperienza di COME mangiare
Quando saprete chiedervi “chi ha fame dentro di me?”, potrete scegliere e la scelta vi regalerà la libertà.
Lo scopo della mindful eating è di prendere scelte consapevoli, magari anche mangiando le patatine, ma questo, ci porterà un miglior grado di salute perché, anche se non sempre, potremo decidere di non cedere alla tentazione della fame degli occhi o della bocca, o di non sottostare allo stress che ci dice “mangia, sgranocchia e butta giù perché questo vuoto che sento non mi piace” ma lo potremo fare solo conoscendo come funzioniamo e solo entrando in sintonia con ciò che il nostro corpo ci sta dicendo.
La consapevolezza è la chiave del risveglio! La consapevolezza ci regala la possibilità di prenderci cura di noi e di vivere il mangiare come un’esperienza con noi mentre siamo con il cibo.
E allora…. buon divertimento e… buon appetito consapevole! Provare per credere!!!
Esperienze pratiche di mindful eating
Giochiamo ora con i nostri figli a riscoprire la consapevolezza mentre mangiamo: impariamo a portare l’attenzione ai 5 sensi mentre facciamo l’esperienza del mangiare.
1. Il detective alimentare
- Trova un frutto che i bambini non hanno mai visto prima. Può essere utile cercarlo nei negozi alimentari etnici, in cui è possibile trovare la carambola, il litchi, la papaya, la graviola e molte altre tipologie.
- Introduci il nuovo frutto a tavola come segue: “Immaginiamo di essere su una navicella spaziale e che, avendo finito le scorte di cibo, stiamo per operare un atterraggio di emergenza su di un pianeta sconosciuto, in cerca di qualcosa da poter mangiare. Intorno a noi ci sono solo rocce e sabbia, ma ad un certo punto troviamo questo strano oggetto.”
- Chiedi: “Solo guardandolo, cosa vi sembra che sia?”
- Poi fai girare il frutto in modo che tutti a tavola possano annusarlo. Poi chiedi: “Che tipo di odore ha?”
- Taglia il frutto e fallo girare di nuovo, per permettere a tutti di guardare com’è fatto all’interno e di annusarlo nuovamente. Poi chiedi: “Cosa vedete? L’odore all’interno è diverso?”
- Poi invita ad assaggiarlo: “Ora, siamo coraggiosi ed assaggiamolo, anche solo un pezzetto piccolo. Che gusto ha? Ne volete ancora?”
3. Chi ha fame dentro di me?
Fate un cartellone dei 9 tipi di fame
Create con i vostri figli un cartellone dei 9 tipi di fame, ritagliando immagini da vecchie riviste o stampandole da internet.
Cercate immagini di: occhio, naso, orecchio, bocca, mano, stomaco, corpo interno, cervello/mente, cuore.
Incollatele su un bel cartellone e disponetelo in cucina.
Prima dei pasti, tutti in famiglia possono chiedersi quale fame sia la più forte indicandola sul cartellone.
Oppure si può indicare in una scala da 0 a 10 quanta fame si ha per i 9 tipi di fame.
Oppure quando i bambini dicono «ho fame» potete chiedere «chi ha fame dentro di te?».
2. Giochiamo ad esplorare le qualità olfattive
Ecco cosa ti occorrerà:
- 5 (o più) erbe aromatiche usate comunemente in cucina
- Piccoli contenitori non trasparenti
- Etichette
- Fogli e matite
Prima fase
- Si presenteranno le erbe tutte scoperte una per volta e le si osserveranno e annuseranno: è un odore intenso? Delicato? Pungente? – (Non c’è una risposta giusta o sbagliata)
Seconda fase:
- Le erbe vengono inserite nei contenitori ed etichettate con un numero di riconoscimento
- Ogni giocatore deve riconoscere l’erba misteriosa e segnare sulla propria tabella il numero corrispondente a quella precisa erba
Tabella da costruire per ogni giocatore
Erba aromatica | Sigla campione |
Rosmarino | |
Origano | |
Basilico | |
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